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Cosa ci fa un UFO sopra la Pagoda Yasaka? Ma soprattutto: dopo dodici volte in Giappone perchè mi trovo di nuovo a Kyoto?
Beh, ogni volta che riporto le mie chiappe in Giappone mi sforzo di inserire nella lista una gita in uno di quei luoghi che rientrano nella categoria tanto sta li, prima o poi ci vado. Uno di quei posti di cui hai sentito parlare talmente tanto da levarti ogni sorta di curiosità finendo per dare la precedenza a mete più singolari. Un po’ come accade per quel monumento dietro casa, quello che non vai mai a vedere perchè tanto staliquindiprimaopoicivado.  Bene, questa volta si torna a Kyoto per raggiungere tre mete imprescindibili: il Kyomitsudera, il quartiere Gion e la Pagoda Yasaka.

Iniziamo subito con la prima foto del Kyomitsu… ah no, non c’è …hem, lo stavano restaurando. Pazienza. Erano belle le tombe sul tragitto e poi si sa, lo dice anche Jack Sparrow, non è la destinazione ma è il viaggio che conta. Se vabbè, consoliamoci al pensiero dei ciliegi tutt’ intorno e -soprattutto- alla merenda.

Dopo aver abdicato il tempio, per cause di forza maggiore, io e Noa ci buttiamo col passeggino a 2 all’ora giù per la discesa della morte: le viuzze soleggiate della shopping-street del Kyomitsudera. Roba che neanche fosse la sagra -gratuita- della porchetta. Tiè, guardate un po’ qua, questa è la sagra dell’ascella commossa, altrochè!

Fuffa-shopping-shopping-fuffa. Merenda. Shopping-fuffa-fuffa-shopping. Merenda. Ripetere come un karma per 3 volte

Siamo pur  sempre in primavera i Sakura non mancano (e neanche i 2000 fotografi che vi si trovano di fronte) finisco per stalkerare jappe in giro. La maggior parte di loro son talmente prese dai selfie da non accorgersi di me mentre le riprendo e scatto: click!

In realtà questa foto con i fiori di ciliegio l’ho scattata al parco Gyoen di Tokyo ma mi piaceva da matti quindi l’ho inserita ugualmente.

In questo periodo trovare giapponesi è impresa ardua, per via delle orde di cinesi e  italiani, tuttavia placco qualche gentil donzella che non riesce a negarmi un paio di scatti grazie a Gozzillide. Purtroppo quest’anno ho dimenticato a Roma la mia Canon di fiducia (nonchè il mio obiettivo preferito da montare su l’altra Canon, quella che avevo lasciato a Tokyo) quindi niente, ho scattato solo con la mia piccola fotocamera da battaglia. E anche a sto giro…magnamose le mani!

Solitamente le ragazze che fotografo mi chiedono una foto con Gozzillide. Le foto prese con i loro cellulari spesso vengono meglio delle mie tant’è che sono solita elargire biglietti con scritto in giapu “per favore speditemi le foto!”. Tu le hai più viste? La risposta fa rima con scorrazzo.

Gozzillide s’impiccia e curiosa un po’ ovunque; qui stava scappando perchè -sue stesse parole- “una donna dalla finestra mi ha detto qualcosa”. Io non ho visto nessuno, ve lo giuro. Che abbia visto un fantasma? A giudicare da come correva poteva aver incontrato Rokurokubi (ろくろ首), un tipo di Yōkai (spirito o creatura della mitologia e del folclore giapponese) che di giorno ha l’aspetto di una donna comune, mentre di notte acquisisce la capacità di allungare incredibilmente il collo. Avete presente? Ecco, proprio lei!

Mentre Noa parla coi fantasmi, corre a destra e a manca e acchiappa insetti volanti, io avvicino bimbe e mamme in yukata per cercare di portare a casa qualche scatto decente. Nonostante i mezzi -poracci- di cui dispongo sono piuttosto soddisfatta di questa foto. La mamma ci ha regalato pure delle caramelle. E anche oggi la calzetta della befana ce la siamo portata a casa! Daje!


Arrivate in zona Gion scuccioliamo a morte questo bel cagnone di nome Chiko che, poveretto, ha subìto la compagnia di Gozzillide per mezzo pomeriggio. E’ un’ Akita, una razza molto diffusa in Giappone. Povero, che sguardo pregno di mestizia…

Non contenta Noa scrocca pure due bei gelatoni a delle ragazze in Yukata che -mi sa- si divertono più di lei. Sulla mia pagina facebook potete trovare il filmato, la testimonianza scandalosa del furto ad opera della piccola scrocconcella golosastra.


Si fa sera e Gion è il quartiere costellato di abitazioni tradizionali giapponesi dove è possibile imbattersi ne via vai serale delle maiko (apprendiste geisha) e delle geiko (apprendiste geisha proprie del quartiere di Gion) che dalle loro abitazioni si recano ai loro appuntamenti presso le varie case da tè. Geiko è un termine del dialetto giapponese di Kyoto che significa letteralmente “figlia delle arti” o “donna d’arte”. La casa da tè è un mondo appartato e privato in cui l’intrattenimento viene offerto attraverso bevande, piacevoli conversazioni, giochi e l’esecuzione di musica tradizionale giapponese. Le geiko di Gion eseguono ancora le tradizionali danze annuali, la più famosa delle quali è la Miyako Odori, Danza dei ciliegi in fiore, dette anche Danze dell’antica capitale, che si tiene ogni anno durante il mese di aprile ed è eseguita dalle geiko di Gion Kobu. Niente a che vedere con la prostituzione, quindi.

 

Le geiko camminano a passo svelto senza guardarti mai negli occhi è difficile catturarle senza una macchina fotografica prestante.
Ho immortalato una decina di Geiko ma ho salvato solo questi due scatti. Ritenterò piú in la, magari sarò più fortunata.

 

Dopo Gion è il turno della Pagoda Yasaka del Tempio Hokan-ji (la prima foto dell’articolo) tuttavia houn attacco di  Robertite devo tornare a Tokyo col primo Shinkansen disponibile perchè mi manca il mio Amore. Che sarebbe anche l’altro motivo per cui finisco sempre per rimandare i miei mille giri a zonzo per il Giappone. Alla fine scelgo sempre di rimanere a Tokyo per stare con Roberto, non riesco proprio a dormire molti giorni lontana da casa.

Noa, ormai abituatissima a viaggiare, completa per la settordicesima volta il puzzle con “Mei Mei”, come la chiama lei.

A proposito…ma l’UFO?

Niente, è proprio quando Noa si addormenta, che intorno, accade sempre di tutto!

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